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Benevento, lettera aperta del gruppo Gens Samnites: “Mollare non sarebbe da Oreste Vigorito”

“Chi ama veramente la Strega non pretende nulla di più che avere una società basata su solide strutture manageriali, sotto la Sua regia imprenditoriale e finanziaria”

“Caro Presidentissimo, come tutti sappiamo, il Benevento Calcio è retrocesso in Serie C. Nessuno poteva immaginare che un organico composto da calciatori con il quinto monte ingaggi del campionato cadetto potesse fare così male da retrocedere, ed addirittura come ultimo in classifica”. Inizia così la lettera aperta a Oreste Vigorito da parte del gruppo Gens Samnites.

Da uomo di grande onestà intellettuale, riconosciuta da tutto il mondo del calcio, Lei si è intestato la responsabilità di questo fallimento. E’ giusto che sia così. Anche noi della Gens Samnites pensiamo che sia così. Al supremo condottiero spetta il “trionfo” di avere raggiunto vette inimmaginabili per il calcio sannita, ed a lui spetta anche il peso di essere ritornati vicini al punto di partenza di quel percorso. E’ il dolce ed amaro destino di chi prende le decisioni.

Detto questo, siccome a noi piace sempre guardare i fatti del passato per migliorare le scelte del futuro,  vorremmo modestamente esprimere il nostro parere su quali siano stati gli errori manageriali che si sono aggiunti ad una buona dose di sfortuna, in questo fallimentare campionato. Si era partiti con il chiaro obiettivo che la stagione si dovesse intendere di transizione e consolidamento, senza l’ossessione della promozione, puntando ad un posto tranquillo che permettesse ai giovani di crescere e di affermarsi, con la serenità che questo processo richiede. E se poi fossero arrivati anche i play-off, sarebbero stati solo una bella ciliegina sulla torta.

In questa ottica era stato confermato Caserta, allenatore giovane, secondo noi capace di lavorare con i giovani, nonostante la “piazza” ne chiedesse a gran voce il suo licenziamento, in quanto colpevole (udite udite) di avere “solo” pareggiato una semifinale play-off. E questa “piazza” è addirittura insorta quando perdemmo in casa la prima di campionato con il Cosenza. Ebbene, quello secondo noi era il momento di mettersi i tappi nelle orecchie, e tirare dritto per la strada tracciata, anche perché dopo quella sconfitta e quella sollevazione la squadra si era stretta attorno l’allenatore ed aveva raccolto tre ottimi risultati di fila con un nuovo assetto di gioco.

Invece, per amore, per quell’amore che ha ribadito con forza anche il giorno stesso della sconfitta di Cittadella, Lei ha voluto accontentare quella piazza che, come il più classico dei “parvenue”, si sentiva ormai quasi offesa dall’essere “solo” una delle venti squadre partecipanti alla Serie B. E così, sono arrivati a fine mercato quei nomi di calciatori (tutt’altro che giovani di proprietà, ai quali hanno invece tolto spazio) che hanno galvanizzato l’ambiente, pur senza fare affievolire la crociata contro l’allenatore reo di non essere all’altezza di riportare la squadra in Serie A. E quindi, ancora una volta, il buon padre di famiglia ha voluto accontentare il figlioletto viziato e capriccioso, regalandogli la testa del grande colpevole, unico ostacolo alla nostra ormai acquisita “nobiltà”.

Quindi, abbiamo assistito alla grande festa per il campione del mondo sceso sulla terra sannitica per riportarci in paradiso. Ma le cose non sono andate bene, anzi sono addirittura precipitate, con una squadra bersagliata dagli infortuni, spogliata di una chiara idea di gioco e di un nucleo di leader riconoscibili. Ed a quel punto è saltato fuori un altro grande colpevole, quel Pasquale Foggia “omonimo” del Direttore Sportivo, che era stato osannato quando costruì la squadra dei record di Inzaghi, ma i cui meriti la “piazza” non ricorda più, perché quel giocattolo è ormai vecchio, ce ne vuole uno nuovo di zecca.

L’amore per la gente sannita e per i suoi colori ha prevalso di nuovo sulla distaccata razionalità, che forse avrebbe consigliato di non privarsi di un dirigente “di campo” che potesse accompagnare il terzo allenatore, chiamato a sostituire con urgenza il peggiore dei quattro che abbiamo avuto quest’anno. Cos’altro poteva produrre questa ulteriore accondiscendenza agli umori della “piazza”? Secondo noi, quello che è effettivamente avvenuto. Una volta preso atto che neanche questa epurazione producesse un cambiamento di rotta, nel mirino “populista” sono subito stati messi i calciatori, ovvero ragazzi sicuramente un poco viziati da stipendi lontani da quelli dei comuni mortali, ma esattamente uguali ai loro colleghi delle altre squadre, ed uguali a quelli che li hanno preceduti, indossando la stessa maglia con altri risultati.

Ragazzi che certamente non sono mai scesi in campo per perdere (ne va della loro relativamente breve carriera), e che hanno bisogno di un mister che parli loro tutti i giorni, che si assuma (come ha fatto Lei) tutte le responsabilità (senza rimettere il mandato dopo 3 o 4 partite), che dia loro uno schema di gioco a cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà, che alleni le loro teste prima ancora delle loro gambe. Che hanno bisogno anche di una società che sappia isolarli dall’ambiente esterno, quando ci sono le grandinate. Ragazzi che abbiamo visto essere insultati, aggrediti verbalmente e, purtroppo, addirittura fisicamente, macchia vergognosa da codice penale. E questo spiega, almeno in parte, perché il nostro campionato in trasferta è stato sufficiente per la salvezza (13esimo posto), mentre in casa è stato il peggiore di tutte le squadre (unica società che ha fatto meno di un punto a partita, tra le cosiddette mura amiche). Ragazzi che adesso si sono svalutati sul mercato, e che siamo sicuri rientrino nel mirino di tante società pronte ad approfittare della grande occasione della nostra retrocessione, per fare dei buoni affari. Ragazzi che molto probabilmente l’anno prossimo vedremo ben figurare in Serie B (se non anche in A), e che la “piazza” che oggi ritiene indegni del palcoscenico che abbiamo loro concesso, sarà pronta fra qualche mese a sottolineare che ce li siamo fatti scappare per quattro soldi.     

Questa è la nostra analisi del campionato appena concluso, caro Presidentissimo. Analisi discutibile come tutte le opinioni, ma che Lei riconoscerà essere intellettualmente onesta come la sua assunzione di tutte le responsabilità. E che forse condividerà, almeno in parte.

Detto questo, caro Presidentissimo, noi la esortiamo a non mollare. Innanzitutto, non sarebbe da Oreste Vigorito lasciare la società in un momento di grande crisi come questo. In secondo luogo, forse la Serie C è ancora più adatta della Serie B per una politica di valorizzazione del settore giovanile, in cui Lei ha investito molto, per cui è tempo di cominciarne a raccogliere i frutti, salvando anche tutti i giovani membri della rosa attuale che non hanno trovato abbastanza spazio per mettersi in mostra, o che hanno fatto maluccio in quanto “travolti” da eventi più grandi di loro.

Abbiamo gli esempi di molte grandi società europee, e da qualche anno anche uno di successo in Italia, che attraverso una Under 23 nella terza serie hanno mantenuto sotto il loro controllo e portato fino alla massima serie fior di calciatori che altrimenti si sarebbero “persi” nei meandri dei prestiti, riscatti, contro-riscatti ed amenità varie del calcio attuale, come accade a moltissimi talenti giovanili delle grandi squadre. Ebbene, forse quella è la strada per noi. Naturalmente, occorrerebbe irrobustire l’organico con almeno un paio di “senatori” per reparto, scelti tra chi veramente intende abbracciare la missione di scendere di categoria per fare da “tutor” a tanti ragazzini bravi e scalpitanti. Ci sono senz’altro già nell’organico attuale alcuni che potrebbero farlo, se disponibili ad un taglio netto dell’ingaggio.  

Ma cosa direbbe la “piazza” di un progetto che potrebbe avere il ritorno in Serie B solo come un obiettivo a medio termine? Se ce lo consente, Presidentissimo, noi diciamo “chissenefrega della piazza populista”.

Quest’anno abbiamo imparato (ma in realtà già lo sapevamo) che alla fine, anche regalando l’abbonamento o il biglietto della singola partita, allo stadio viene solo lo “zoccolo duro”, a sostenere la squadra. I pochi altri presenti spesso si divertono molto di più ad insultare dirigenti, allenatori e calciatori, quindi sinceramente ne facciamo volentieri a meno, o comunque dovremmo non considerare affatto le loro opinioni. Tutti gli altri riempiranno lo stadio solo se c’è qualcosa da festeggiare o qualche grande squadra da vedere da vicino. Altrimenti troveranno (legittimamente) qualcosa di meglio da fare nel tempo libero, come peraltro avviene in tutte le tifoserie d’Italia, nessuna esclusa.

La invitiamo quindi a non perdere tempo, danaro ed energie nervose per inseguire la seconda e terza categoria di tifosi, tra le quali si annidano peraltro anche un discreto numero di irriconoscenti. Noi crediamo che chi ama veramente il Benevento Calcio non pretenda nulla di più che avere una società basata su solide strutture manageriali, sotto la Sua regia imprenditoriale e finanziaria, che possa ben figurare nei campionati professionistici italiani, e che si tolga ogni tanto anche la soddisfazione di qualche promozione importante.

Pronti a ripartire di nuovo insieme a Lei, voglia gradire un grande ed affettuoso abbraccio da tutti noi”.  

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