Quando si parla di calcioscommesse, il pensiero dei tifosi del Benevento va inevitabilmente a Marco Paoloni e a quanto accaduto nel maggio del 2011. Ora che un nuovo scandalo ha investito il calcio italiano, l’ex portiere giallorosso è tornato a parlare: “L’assoluzione è stato il giorno in cui mi sono un po’ ripreso a livello umano e di immagine – ha dichiarato ai microfoni di TvPlay.it – Ho passato anni bruttissimi e la vicenda di questi giorni è simile a quella che è successa a me. Sono felice che la ludopatia sia ora riconosciuta come malattia, nel 2011 non era così. Il gioco non era riconosciuto come dipendenza. Questo elemento è molto importante. Fagioli ha preso sette mesi perché ha collaborato, non tanto in quanto ludopatico”.
“La giustizia sportiva funziona un po’ in questo senso qui, se dici quello che vogliono sentirsi loro ti abbassano la pena, fu proposto anche a me stile ricatto. La mia e la sua sono due situazioni simili e riverse, lui ha solo la violazione del codice 24, io avevo accuse molto molto più pesanti. Lo vidi come ricatto perché, quando ti metti seduto con dei procuratori federali che ti dicono ‘o dici questo o ti diamo il massimo della pena e ti radiamo’ parti già sconfitto, con la Procura Sportiva ognuno di noi parte sconfitto. Io Marco Paoloni, che non ero nessuno, sono partito sconfitto. Il tempo ci ha dimostrato che non è così per tutti quanti. Riguardo il discorso mio, hanno mantenuto la parola data, dandomi 5 anni con proposta di radiazione perché, secondo loro, non ho collaborato. Per me collaborare è dare informazioni che uno sa, non dare informazioni per fare chiudere il caso mediatico e permettere alla giostra calcio di continuare. Avevo 27 anni, non avevo mai avuto problemi e il calciatore non è abituato a queste situazioni. L’ho pagata fino all’ultimo, nel 2019 sono potuto rientrare nel mondo del calcio, ma mi hanno precluso la carriera. La sentenza per me è arrivata dopo 20 giorni, aveva suscitato parecchio scalpore il caso, c’erano i campionati che dovevano cominciare e si è chiuso tutto in fretta, ma come sempre, forse solo con la Juventus è durata un po’ di più. Sono frettolosi perché c’è da chiudere un cerchio e far cominciare un gioco, che è lo sport nazionale italiano ma che fa entrare anche tanti tanti soldi”.
“Ho subito tanto sulla mia pelle io così come i familiari o le poche persone che mi sono rimaste vicino. L’indagine parte dalla procura di Cremona per una denuncia fatta dalla Cremonese per i fatti della partita con la Paganese. Io ero portiere della Cremonese. Alcuni giocatori dopo la partita si sono sentiti male. Io ero stato il migliore in campo, avevamo vinto 2-0. Il tutto nasce dalla denuncia del direttore sportivo. I processi si fanno in tribunale, se devo fare un confronto tra il 2011 e oggi è diverso, però oggi abbiamo nomi importanti. Da un lato sono contento che è migliorato su questo punto, ma io sono stato buttato in prima pagina su tutti i giornali con foto con le manette, rappresentato come il peggior boss. Una cosa molto grande. Vedo che è cambiato un po’ e questo mi fa contento, non difendo i ragazzi, se uno ha sbagliato paga, ma buttare fango su persone a livello mediatico e quindi additare e diffamare, soprattutto sui social ad oggi, è un rischio. Quello che ho passato io è difficile, momenti molto brutti a livello di immagine, ho tre figli, all’epoca avevo una figlia, le ho dovuto spiegare certe cose. Qui in Italia siamo abituati a fare prima il processo mediatico, poi quello vero”.
“Con il tempo ho capito in che sistema viviamo. Hanno fatto un film, una storia per farmi passare per quello che dicevano loro, io non ero un fenomeno, ma per la B e la C ero un buon portiere. Per fortuna ho fatto pochi errori. Hanno fatto vedere un errore che oggi con il VAR non sarebbe forse nemmeno tale. È venuta Mediaset per quello episodio, prima volta che Mediaset scendeva in C, per far vedere che c’era un fallo di Vannucchi su di me in quel Cremonese-Spezia, ma a prescindere dal fallo, devi far vedere la partita, se parli di Cremonese-Paganese devi fare vedere quella, non una partita che non c’entra nulla perché lì ho commesso un errore. Nessuno è venuto mai a chiedermi scusa per non aver verificato. Fino agli ultimi dieci giorni del dibattimento, perché poi il processo è durato tantissimo, otto anni, l’avvocato mio, mi disse che stavano succedendo cose mai viste, per esempio il pm disse che si poteva a un certo punto patteggiare, cosa che fai all’inizio di solito, non dopo sei anni. Io sono stato l’unico giocatore che ha mantenuto sempre una linea, con l’assoluzione mi sono preso una bella rivincita. È stata fatta un’indagine con poche prove, è stato spiattellato tutto a livello di media, i magistrati si andavano a fare le interviste sui giornali, cose mai viste, c’era molto clamore mediatico sulla cosa. Io ho sempre mantenuto la mia linea, non sono un delinquente”.