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Allenatori, calciatori, presidente: le firme sulla retrocessione del Benevento

Nella centrifuga delle responsabilità ci finiscono tutti, ma è chi decide che evidentemente ha quelle maggiori

La via crucis sportiva della Strega è finita nel pomeriggio del 13 maggio 2023, quando è arrivato anche il sigillo della matematica alla retrocessione del Benevento in Serie C. Davanti a un epilogo del genere, ognuno deve assumersi le proprie responsabilità, ma finora l’unico ad averlo fatto è stato probabilmente il meno colpevole di tutti, ossia Andrea Agostinelli che ha evitato di pescare dallo scusario personale come fatto da qualche suo predecessore, e si è limitato a manifestare tutto il proprio dispiacere per quello che fondamentalmente era un epilogo già scritto, aggiungendo che probabilmente anche lui avrebbe potuto fare qualcosa di più. Che è un concetto condivisibile, ma non è certamente questo ad aver determinato la discesa negli inferi del Benevento.

I veri responsabili sono da ricercare altrove e non può essere il silenzio il modo per metabolizzare il boccone amaro e la cruda consapevolezza di aver fallito. A cominciare dai calciatori, scappati negli spogliatoi a fine partita senza nemmeno avvertire l’esigenza di rivolgere un cenno di scuse nei confronti di un’intera piazza tradita. Non va dimenticato chi questa squadra l’ha costruita, ossia il direttore sportivo Pasquale Foggia che fino a gennaio parlava di play off, mentre la barca si avviava alla deriva.

Così come non si può trascurare chi si è avvicendato sulla panchina: Caserta, colpevole di aver accettato prima un incomprensibile ridimensionamento e poi un progetto che di rotte ne ha cambiate molte; Cannavaro, che ci ha messo troppo per capire cosa aveva tra le mani e che soprattutto ha anteposto l’amicizia con il direttore sportivo alle esigenze della squadra; Stellone che ha passato la maggior parte del tempo ad attribuire agli altri le colpe della situazione, per poi scappare quando le cose erano ormai irrimediabilmente compromesse.

Insomma, l’elenco è lungo, ma come in ogni sistema piramidale che si rispetti, i meriti o i demeriti di un risultato cominciano sempre da chi ha le responsabilità maggiori. Ossia da chi decide: in questo caso, dal presidente Vigorito. Che qualche mezza ammissione l’ha fatta a verdetto arrivato, ma che invece di puntare il dito contro tifosi e amministrazione comunale (con alcune argomentazioni condivisibili, altre decisamente meno) nel tentativo di spostare altrove l’attenzione, avrebbe dovuto innanzitutto interrogarsi sul proprio metodo di gestione, negli ultimi diventato privo di visione e prospettiva, senza chiarezza sugli obiettivi e, naturale conseguenza, senza strategie chiare su come raggiungerli. Le imputazioni principali sono queste e non sarà la speranza dell’oblio a portarle via.

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