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Benevento, Vigorito non getta la spugna: “Salvezza possibile, ora conta solo conservare la B”

Il patron giallorosso ripercorre le tappe di un’annata balorda: “Qualcuno ha abbandonato la nave e non ho capito perché. Coda? Operazione da otto milioni di euro”

Di alzare bandiera bianca non vuole proprio saperne. E’ questo il messaggio chiaro e inequivocabile che lancia il presidente Vigorito nel corso di una lunga intervista al Corriere dello Sport: “Ci sono stati errori – ammette il patron del Benevento – Io per primo ne ho fatti tanti. Quello più grande è non essere stato risoluto nel resettare il progetto e renderlo più sostenibile e congruo alle possibilità e all’interesse della città. Dopo quella gara all’Arena Garibaldi contro il Pisa si era chiuso un ciclo. Eravamo partiti per fare un grosso rinnovamento. Ma non siamo riusciti a vendere calciatori che pesavano sull’organico e sul bilancio per liberare spazi e risorse. E abbiamo fatto acquisti che non hanno sempre funzionato. Come i veterani. Il mix non è riuscito. E ciò ha generato l’attuale situazione. Aggravata dagli infortuni. Dieci/undici al mese non sono tollerabili. E abbiamo dovuto resettare in corsa lo staff sanitario. Avrei voluto cambiare tutto dopo aver perso la A in modo rocambolesco. Ma non ci sono riuscito. E’ la colpa che mi attribuisco. Altre non riesco a trovarne”.

RAPPORTO CON I TIFOSI – “Io ho provato a dialogare col popolo giallorosso dal primo giorno e mi auguro di poterlo ancora fare. Ma se su 8 mila abbonati, 4 mila non vengono allo stadio, faccio fatica a comprenderne le ragioni. So che il calcio è della gente. E senza la gente manca una componente fondamentale. Ma il saldo negativo lo pagano i presidenti e le norme attuali non aiutano l’equilibrio dei club».

LE CESSIONI –Molti hanno abbandonato la nave. Ma chi è andato via non ha mai spiegato perché. Lapadula, Barba, Forte averli persi ci ha penalizzati. Qualcosa s’era rotto. Ma non con me. Se uno vuole cambiare aria, cosa puoi fare? Lapadula ha chiesto di essere ceduto quando era capocannoniere. Ho parlato con lui e i procuratori e non sono riuscito a capire il perché del divorzio. Impossibile trattenerlo, benché l’avessi pagato 4 milioni di euro. Altro mistero doloroso. La cosa triste è che vanno via senza salutare».

GLI ALLENATORI –  “Cannavaro aveva portato freschezza. Ma l’effetto non è durato. Certo, l’ho visto lavorare con passione. Ma dopo la fiammata iniziale ci eravamo spenti anche con lui. E’ andato via il direttore sportivo, un particolare non irrilevante. Non c’era più condivisione nella soluzione dei problemi emersi. Tanti. I professori di calcio sono il pronto soccorso che a parole funziona sempre. Ma sono i fatti la realtà. Serviva altro. Stellone mi è sembrato l’uomo giusto per generare risorse umane e ambiente. Ci sta provando con tenacia. E non molla. Come me. Ha un’etica non comune e coi giovani sta facendo bene. Ma non ci si salva da soli”.

IL CASO REGGINA – “E’ un caso che mette in grave pericolo l’autonomia dello sport. Non è possibile continuare con vecchie regole che impattano sul nostro ordinamento. Bisognerebbe ripartire da zero e riscrivere norme che contemperino giustizia sportiva e ordinaria. Ma andrebbe rivista anche la ripartizione delle risorse derivanti dalla vendita dei diritti tv. Sono problemi noti, ma gli interessi sono tanti e non conciliabili. Non c’è riuscito nessuno”.

RITORNO DI CODA – “Al nostro ds aveva dato la disponibilità al trasferimento. Ma era un’operazione da 8 milioni di euro. Mi sono chiesto se ne valesse la pena. Poi il presidente del Genoa, Zangrillo, non ha voluto darci più il calciatore perché con l’arrivo di Gilardino Coda è tornato in campo e ha fatto gol. Ma io, come lei sa, non amo i cavalli di ritorno. Ho già Nero e Manua nel mio “buon retiro” di Santa Croce del Sannio dove ho portato la squadra per ricompattarci. Quello che chiedo ai tifosi”

ROSSI E TORTI ARBITRALI“Io credo che la classe arbitrale stia provando a ringiovanire i ranghi e questo processo indispensabile necessita di tempo. Tutti subiscono errori, non voglio alimentare, però, la logica delle congiure. Il problema è nell’utilizzo del Var che, a Bari, chiama un rigore per noi e l’arbitro va a verificare un’immagine precedente che non poteva essere segnalata. E’ questa confusione che non va. Il Benevento commette meno falli degli avversari e patisce più sanzioni. Lo certificano statistiche ufficiali. A Bari più interventi irregolari di noi e un solo giallo per la squadra di Mignani. Ci sono riscontri illogici. A Pisa abbiamo giocato senza Tello espulso col Como senza aver fatto fallo. Il Benevento è una società sana e ha tifosi esemplari. Rispettiamo le regole e non ci sentiamo perseguitati. Ma qualcosa non torna”.

IL FUTURO – “Sono concentrato sul presente. Se dovessi restare nel calcio, l’esperienza inciderà. In 17 anni ho comprato 180 calciatori e ho speso una fortuna. Ma ho potuto realizzare i miei sogni. Il futuro dovrà essere sostenibile. Dobbiamo essere una sana società di provincia. Con grandi ambizioni e i piedi saldamente piantati nella realtà. Strutture adeguate e giovani da valorizzare. Ne abbiamo tanti. Carfora non è il solo. E il sistema dovrà premiare chi valorizza i talenti. È la prima stagione che abbiamo fallito. Siamo tutti colpevoli, ma la responsabilità è soprattutto mia. Credo che il Benevento non morirà. Ancora in Serie B oppure altrove continuerà a esserci. Ma dovrà farlo in modo diverso e proporzionato all’interesse di città e territorio. Intanto, crediamo nella salvezza e stringiamoci forte alla Strega. Tutti insieme. Il futuro è adesso”.

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